A tavola in Sardegna

Origini della cucina della tradizione

Crocevia del Mediterraneo, frontiera tra mondo islamico e cristiano, la Sardegna è stata per millenni centro di scambi culturali e linguistici.


Così come nel sardo è facile trovare influenze delle altre lingue mediterranee, altrettanto succede per quanto riguarda le tradizioni culinarie.


Con un variegato patrimonio alimentare, la cucina predilige i gusti decisi e sapidi, grazie all'ottima qualità delle materie prime garantite dal clima mite.

Molti dei piatti della cucina tradizionale sono stati introdotti qui da popoli con cui i sardi hanno tenuto scambi commerciali, ma soprattutto dai popoli dominatori, specie gli spagnoli, che hanno dominato l'isola per più di duecento anni.


Di origine spagnola è infatti su ghisau (sp. guisado), in talune zone uno stufato di carne con le patate, in talaltre, invece, un ragù di cinghiale e montone.
Sa lepudrida, una minestra di carne e legumi, cucinata nel nord dell'isola, dalla catalana olla podrida, letteralmente pentola imputridita, termine da cui deriverà poi il francese potpourri.


Su scabecciu, un procedimento di marinatura che consente di conservare la frittura, nel nostro caso di pesce, per alcuni giorni, è del tutto simile allo spagnolo escabeche. Ancora, tra i piatti a base di pesce, sa cassola, ossia il caciucco, dallo spagnolo cazuela e dal catalano cassola.


Tra i primi piatti is findeus o filindeus del nuorese, simili ai fideus catalani e ai fideos spagnoli, a loro volta provenienti dall'arabo fidews, letteralmente capelli.


Sa simbula fritta, oggetto di una filastrocca consolatoria per i bambini che veniva recitata in occasione dell'assenza materna, recita:


Me, Me, mama non c'est

Ell'aund'est? In sa scalitta

E itta est fendi? Simbula fritta

E po chin'est? Po s'angionedda      

Beni, Mariucciu e papasincedda

Me, me, mamma non c'è

Lei dov'è? Nella scaletta

E cosa sta facendo? Simbula fritta     

E per chi è? Per l'agnellina

Vieni, Mariolino e mangiagliela



Consolatoria, soprattutto perché promette una pietanza, tanto semplice quanto gustosa e saziante. Realizzata, nella sua versione più semplice, con semolino e strutto, è assai simile alla sopa de semola spagnola.


Per quanto riguarda i dolci troviamo i guefus, sardizzazione degli huevos de faltriquera, dolcetti di pasta di mandorle profumati con l'acqua di fior d'arancio e i pirichittus, ossia i periquillos, dolci carnevaleschi galiziani. Così anche la carapigna, sorbetto tradizionale del Gennargentu, deriva dalla garapiña spagnola.

Probabilmente importati dal Portogallo sono invece is suppas doradas. Fette di pane raffermo inzuppate nel latte, rigirate nell'uovo sbattuto, quindi fritte e inzuccherate, simili alle fatias douradas lusitane.


Di provenienza genovese è invece sa burrida, il gattuccio di mare condito con aceto e noci, così come lo sono is gianchettus, i bianchetti: avannotti di sardina cotti in pastella.
Di origine piemontese sono invece is coiettas, fagottini di carne e lardo avvolti in una foglia di cavolo, così come is angiulottus che corrispondono agli agnolòt ossia ravioli ripieni di carne.


Di origine araba, oltre al filindeu troviamo il cous-cous, detto succu o, a Carloforte, cascà e su musciumari, la carne salata e seccata del tonno, voce che deriva dall'arabo "sama" ossia seccare.


Oltre alle contaminazioni esterne la Sardegna offre una quantità di prodotti alimentari autoctoni caratterizzati dai sapori intensi che troviamo anche nei piatti meno elaborati, grazie soprattutto alla freschezza dei prodotti che solo la filiera corta può garantire.

01 dicembre 2015

Paola Angelotti
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