Il colle dei santi in Sardegna

“Così mi apparve. Città di roccia Gerusalemme di Sardegna”. Questa fu la prima immagine di Cagliari che lo scrittore Elio Vittorini immortalò su carta. Come la città santa anche Cagliari si arrampica sulla pietra calcarea incastonata sulle zolle di terra dei suoi sette colli. Una di queste alture un luogo sacro. Buoncammino. 
Ogni lembo di terra che dal mare del porto si arrampica veloce sul colle “Santo” parla della storia più antica della città.

Una storia talvolta trascurata, ignorata e dimenticata dai più. Ma questo luogo continua a parlare. 

L’eco delle preghiere dei numerosi fedeli che accalcano quotidianamente il Convento di Sant’Antonio da Padova, noto ai più come Fra Ignazio, fuoriesce dalle bianche e disadorne pietre che compongono il tempio e si propagano per tutta l’isola. Il culto per gli uomini santi che vissero in quel luogo la regola dei frati francescani cappuccini minori è diffusissimo in tutta la Sardegna da tempi remoti.

I documenti ufficiali testimoniano la cerimonia dell’11 ottobre 1591 officiata dall’Arcivescovo Francesco del Vall, quando vi fu la posa della prima pietra in un terreno sul quale è probabile sorgesse un edificio sacro paleocristiano, secondo quella che era l’usanza del tempo di far sorgere le chiese laddove vi erano stati luoghi dedicati a culti pagani o luoghi di martirio per i primi cristiani. 

Non a caso pare vi fosse un tempio pagano alle pendici dell’altura sopra l’anfiteatro romano che si trova dirimpetto alla chiesa. 

Ma la presenza dei frati cappuccini minori risale ad alcuni decenni prima, quando di dodici uomini inviati da Papa Sisto V destinati a Sassari, quattro approdarono, si dice a causa di una tempesta, sul litorale cagliaritano. I primi frati furono acquartierati nel convento di san Francesco in Stampace, che ospitava a partire da qualche secolo addietro i frati francescani conventuali. 

Questi riservarono per loro un’intera parte della struttura che comprendeva la cappella di San Giorgio. In questo luogo racchiuso oggi tra la via Angioy, il Corso Vittorio Emanuele II e via Mameli, di cui rimangono i ruderi a cielo aperto che a breve, per iniziativa privata vedranno loro restituita dignità, si svolsero le prime opere dei cappuccini in città. 

Tra il popolo e l’ordine francescano si suggellò già dal tempo un forte legame.

Nella Sardegna spagnola la vita religiosa pativa le ingerenze dei dominatori e la missione francescana subì abusi e ingerenze da parte dei governanti. 

Nonostante ciò i frati furono in grado di costruire in città un secondo convento , nelle campagne di Villanova, il Convento di San Benedetto, che si trova a tutt’oggi nell’omonima via. 

Questo fu il luogo in cui i frati si dedicarono ai malati durante la grande peste, a conferma del volere di San Francesco che intendeva dovere dei confratelli il partecipare alla vita di persone disprezzate, poveri, deboli e malate.

Sul finire del diciassettesimo secolo la Provincia monastica dei Cappuccini contava oltre trecento religiosi, ventidue conventi. 

Con la fine della dominazione spagnola, il brevissimo passaggio all’Austria e poi ai Piemontesi, non migliorarono i rapporti tra politica e mondo ecclesiastico, tanto che nel 1861, sotto l’influsso delle idee liberali ed illuministe del Risorgimento, i beni ecclesiastici furono incamerati dallo Stato.

Chi furono gli uomini santi che dedicarono gli anni delle loro vite alla preghiera tra le mura del convento di viale Sant’Ignazio da Laconi?

Il primo frate a morire in odore di santità fu Fra Giacomo di Decimoputzu. Nato nel sedicesimo secolo, di lui si hanno scarse notizie biografiche.

Si pensa che fosse di origini non povere e che avesse avuto la vocazione in età avanzata. Visse in un periodo in cui soltanto i nobili spagnoli potevano assumere lo status di religiosi e per questo fu frate laico.

Si dice che la sua vita fosse stata molto simile a quella di San Francesco d’Assisi, che come lui fosse stato un soldato e come molti uomini del tempo, fosse stato travolto dal folgorante esempio del santo.

Più importanti dei fatti della sua vita furono i prodigi da lui compiuti. Sono stati in molti i testimoni. Si dice che avesse resuscitato dei bambini, che avesse fatto fiorire frutti e ortaggi che crescono solo in estate nell’inverno. La sua santità mostrò fondamento nel suo levitare in aria. 

I cagliaritani del 1600 ebbero il privilegio di vedere tante volte il prodigio del frate che camminava ad un metro da terra, questuante per le vie della città. 

Un segno di croce animato da chissà quale forza della fede era capace di moltiplicare il pane se fosse insufficiente a sfamare tutti i frati. 

Si dice che un giorno fu capace di ammansire un toro che fuggito, spargeva il panico per le vie cittadine. Bastò un tocco di Fra Giacomo e la benedizione per riportarlo alla calma. 

Pare evidente che il primo comandamento fosse per lui l’amore e il connubio di esso con la preghiera fu foriero di fatti portentosi. 

Fuggì la vana gloria, per quanto esercitò nei confronti del prossimo un carisma che ancora oggi non è sopito.

01 March 2016

Andrea Governi
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