Gairo Vecchio, un frammento perduto di Sardegna

Il fascino di un paese abbandonato dove il tempo pare essersi fermato

La Sardegna è ricca di posti incontaminati, magici e abbandonati, ma se si parla di paesi fantasma, è impossibile non ricordare Gairo Vecchio. Tra i paesi abbandonati della Sardegna il più conosciuto è proprio questo villaggio nel cuore dell’Ogliastra. Un nome che la dice lunga sul suo destino: “ga” e “roa”, ovvero “terra che scorre”. Un destino segnato dalla furia della natura che ne ha sancito il suo definitivo abbandono; un epilogo che affonda le radici lontano, nel suo nome appunto, anche se non tutti concordano con la sua origine, poiché alcuni studiosi ritengono che derivi dalla trasformazione del nome della città di Galilium, antico centro dei Galilenses  (tribù montana della Sardegna, originaria del Gerrei, sconfitta dai romani).

Foto di M. Cuccu
Foto di M. Cuccu

Detto ciò, per capire le cause di questo abbandono è necessario fare una breve introduzione di carattere storico e geologico. Il territorio di Gairo infatti ha pagato un tributo altissimo agli incendi, poiché è stato completamente denudato dai roghi nel corso degli anni. Ma all’origine del suo abbandono non c’è solo il fuoco. Gli alberi se potevano scampare alla devastazione delle fiamme, nulla hanno potuto contro la furia della scure in seguito al selvaggio disboscamento attuato in Sardegna nell’Ottocento e che non ha risparmiato neppure questi angoli di bosco incontaminati. Prima di cercare nella violenza della natura, attraverso le sue immani forze, la causa dell’abbandono di Gairo Vecchio, è opportuno riflettere su un altro aspetto che ne ha sancito molto prima la sua fine e cioè nell'incuria dell'uomo e nelle sue scellerate azioni; perché senza la protezione degli alberi il terreno cede, il rischio di frane aumenta e la devastante forza dell'acqua in questo modo, ha decisamente vita facile.

 

Spogliato delle sue foreste questo villaggio ha vissuto nel corso degli anni una serie terribile di alluvioni, ognuna delle quali è riuscita ad arrecare sempre ingenti danni e ad incutere sempre una dose massiccia di terrore nella popolazione. Se ne contano quattro. Le prime nel 1880, 1927 e 1940. La quarta, ultima e più violenta avvenne nel 1951 e fu quella decisiva perché dopo quell’inondazione la vita a Gairo Vecchio non fu più la stessa. Qualche tempo dopo il borgo viene definitivamente abbandonato, trasformandosi lentamente nel paese fantasma che possiamo osservare oggi.

 

Gli abitanti decisero di trasferirsi altrove, quasi totalmente nella nuova Gairo Sant'Elena, qualche decina di metri più a monte, altri andarono a popolare l'attuale frazione di Gairo Taquisara.

Foto di M. Cuccu
Foto di M. Cuccu

I turisti, i viaggiatori, gli escursionisti che fanno tappa a Gairo Vecchio lo considerano un luogo ricco di fascino e mistero. Qui le case si sgretolano lentamente, le strade si sformano, la vegetazione s’insinua indisturbata ovunque. É la classica atmosfera da paese fantasma, con brandelli di muro corrosi dal vento e dal sole, porte fatiscenti, finestre sventrate, soffitti divelti, stradine sommerse da rovi, malta sbiadita e  colori stinti della facciate. É tutto in rovina, ma è proprio questa forma di decadenza che affascina. Non è la visita ad un monumento che costruito in passato, mantiene intatto il suo splendore. Qua il tempo ha deteriorato, ha violentato ogni cosa. La natura ha ripreso il suo spazio, portando un senso di pace e di abbandono che invita a vagare, a infilarsi nelle stradine pedonali fatte di gradini solidi: un granito forte, che ancora resiste.

 

É un mondo di detriti composti che sa resistere e che riesce a conservarsi ancora; la vecchia forma del paese rimane pressoché intatta e la si scruta ancora bene, con la sua struttura urbana essenziale. Un villaggio duro, fatto di scisto e granito, che guarda malinconico al suo fiorente passato. 

 

Attraversare questo luogo crea una suggestione rara. La natura ed il tempo segnano tutte le cose. Non è un fermarsi ma un rallentare, ogni giorno si porta via qualcosa ma all’occhio umano tutto questo è impercettibile.

 

Dal suo abbandono a oggi sono trascorsi più di sessant’anni. Sufficienti al tempo per confondere i contorni di un villaggio lasciato solo al suo destino. Un paese come tanti in Sardegna, che ha vissuto, che è cresciuto, che ha visto nascite e morti, e che prima di quella tremenda alluvione e ancora prima di quel dissennato disboscamento, ha fatto parte, come tutti gli altri villaggi, di questo mondo.

 

Ora Gairo Vecchio è un paese che incontri quasi per caso, che vedi arrancare nell’altura sotto l'ala dell'altra Gairo, quella nuova. Un paese muto che t’invita ad entrare, a perderti per un attimo tra le sue poche vie cadenti. Questa vetrina può essere l'anticamera di quello che forse un giorno spetterà ad alcuni paesi sardi che lottano con una minaccia altrettanto grande rispetto alle alluvioni: lo spopolamento. Gairo è morto per rinascere poco più a monte. Alcuni paesi forse non avranno questa fortuna, ma questa è già un'altra storia.

01 giugno 2015

Mauro Cuccu
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