La Religione in Sardegna

Tra paganesimo e cristianesimo

Iside, la divinità femminile egizia per eccellenza, figlia di Nut e Geb, sorella di Osiride, sposa dello stesso fratello e madre di Horus, arrivò in Sardegna.

Il culto in Sardegna della Dea della maternità e della fertilità, è testimoniato dal ritrovamento di tre bronzetti: uno rappresenta la Dea con le corna ed il disco solare sopra il capo, che stanno a rappresentare la triade divina Sole, Luna e Terra, in unione con la protome bovina.

La triade divina rappresenta certamente uno stereotipo comune a moltissimi popoli del più lontano passato; possiamo infatti ritrovare il culto nei popoli americani precolombiani, in Brasile ed in molti altri popoli che parrebbero essere i superstiti di una civiltà e di un culto molto antico di cui si è persa la memoria nella notte dei tempi, forse quando una civiltà precedente alla nostra, fu spazzata via dalle furie di un cataclisma che, tuttavia non è riuscito a sopirne completamente la memoria.

Tornando alla protome bovina con molta probabilità era anch’essa un riferimento al Sole e la Luna, essa rappresenta in Sardegna un relitto etnografico decisamente importante.

Gli edifici sacri del periodo nuragico avevano nella stragrande maggioranza una planimetria a forma di corna, inoltre, anche a livello etnografico, esse sono approdate nei tempi moderni, conservandosi nella gestualità dello scongiuro e nelle maschere dei Boes che ancora oggi, nel carnevale di Ottana, portano alla luce l’antichissima memoria del periodo nuragico.

Foto di G.Careddu-CC BY-SA 3.0
Foto di G.Careddu-CC BY-SA 3.0

Non è semplice reperire notizie sui culti del passato, tuttavia il misterioso intreccio volto a portare l’oblio su quello che deve essere il segreto sul passato, talvolta mostra il bandolo della matassa.

L’adorazione da parte degli antichi sardi di una trinità divina la dice lunga. Perché la trinità è presente sia nei culti del passato (culto di Mitra che prende origine da un culto persiano) sia nella religione induista che, come quella cristiana, identifica in essa i tre aspetti della divinità.

Il periodo nuragico fu quindi ancorato all’antico culto del Sole, del Dio Toro divinità dei vivi e la Luna divinità dei morti, la Dea Madre, divinità legata alla Terra.

Sono ancora conservate in Sardegna le usanze di offrire alla Dea Madre Terra i primi frutti delle piante e degli animali, infatti, in diverse località dell’isola, è usanza che non siano colti ma lasciati cadere a marcire sul terreno.

Il culto del Sole (strettamente connesso con il toro e precisamente con le corna) lo si può ritrovare, invece, nell’usanza di confezionare il pane il pane delle feste dandogli la forma classica con le punte.

La religione, nei vari periodi storici, pur non perdendo le caratteristiche dei culti ancestrali, hanno visto cambiare divinità e riti, col passaggio da una dominazione all’altra.

É stato molto presente in Sardegna il culto del Dio Bacco, dio del vino e della vegetazione. I baccanali, le feste sacre dedicate a Bacco, erano dei riti orgiastici che furono pesantemente repressi con l’arrivo del Cristianesimo, tuttavia anch’essi non sono completamente spariti dalla memoria del nostro popolo.

Bacco è stato molto probabilmente sostituito da un santo molto venerato nell’isola, Bachisio, in sardo Bakis. Di questo santo non si trova alcuna notizia nel Martyrologicum Romanum.
Sul piano etnografico esistono stupefacenti raffigurazioni che si trovano nella chiesa dedicata a Santu Bakis, costruita a Bolotana nel 1594; sulla facciata della chiesa, nei capitelli interni dei pilastri si trovano in bassorilievo figure di danzatori, uomini e donne, gli uomini hanno i genitali scoperti.

Il culto fallico è sopravvissuto nell’isola fino al diciottesimo secolo, quando su ballu tundu veniva fatto attorno ad un fallo di legno o di pietra chiamato bicchiri. 

foto di C.Cani - CC BY 2.0
foto di C.Cani - CC BY 2.0

A tutt’oggi nel carnevale di Bosa, insistono delle reminescenze dei baccanali, l’allusione al fallo è rappresentata dal carciofo, portato in giro dai giovani come ricordo del Thirsos, portato dal Dio Bacco e dalle Baccanti; non per niente il maggior fiume dell’isola, il Tirso, che scorre anche nel territorio di Bolotana, porta lo stesso nome.

Fino agli anni "50 esisteva un rito in occasione dell’impianto di una nuova vigna: il proprietario, alla fine della giornata di lavoro, invitati nell’agro parenti ed amici, veniva di forza sottoposto a degli scherzi a carico dei genitali, poi, legato e adornato con l’edera, veniva portato a casa e riscattato dalla moglie con dolci e vino; la serata finiva con una cena goliardica. Questa usanza è riconducibile al racconto del rapimento di Bacco da parte dei pirati Tirreni, racconto tramandato dallo pseudo omerico Inno a Bacco.

Anche il culto di Artemide, dea della caccia, è stato importato in Sardegna dalla Lidia; si possono notare riscontri toponomastici, lo stesso nome del paese Assemini, nel medioevo Arsemine,ne è la dimostrazione, si presume che questo paese possa essere stato il primo punto di approdo dei Protosardi provenienti dalla Lidia, probabilmente dalla città di Sardi ( anche se c’è chi sostiene che sia avvenuto l’esatto contrario). Connesso con il culto di Artemide vi era quello della prostituzione sacra, certamente praticata anche nell’isola, poi sostituito col culto di Astarte, di cui sono state trovate testimonianze rappresentate dalle vestigia di un santuario presso Capo Sant’Elia e presso Cuccureddus a Villasimius.

La Sardegna è stata senza dubbio una rotta obbligatoria per i popoli del passato che hanno importato i loro culti che poi sono andati a sostituirsi, anche se non in modo definitivo, ai culti autoctoni la cui memoria si perde nella notte dei tempi.

Ma anche la Sardegna ha importato un culto che si è poi propagato soprattutto in Argentina: il culto della Madonna di Bonaria. Più che l’aspetto misterioso relativo alla nascita della venerazione dovuta all’arrivo sui lidi di Cagliari di una statua della Vergine con in mano un cero che non si spegneva con l’acqua, è qui interessante sottolineare il fraintendimento che sta alla radice del nome Bonaria. Infatti si crede erroneamente che Bonaria stesse a significare “ aria buona” tradotto poi in catalano con Bon Aire.

In realtà Bonaria deriva dalla denominazione Bagnaria, adattamento linguistico al termine latino Balnearia, luogo di bagni. Infatti fino ad alcuni secoli or sono, il mare arrivava quasi alle pendici del colle. Tuttavia il fraintendimento ha permesso ugualmente che delle città importanti, Buenos Aires e le omonime della Colombia e del Porto Rico, acquisissero il loro nome da questo culto mariano nato a Cagliari.

Tutto quanto scritto sta a dimostrare non soltanto l’esigenza indomita dell’uomo di essere legato alla religione qualsiasi essa sia ,di come la Sardegna sia stata un terreno fertile per molti culti e di quanto essi siano ancora intimamente legati alla vita quotidiana del popolo, seppur confusi nella rigidità del Cristianesimo, che tanto ha soppresso e cambiato ma altrettanto assorbito.

Seppur confusi, ancora oggi, forse preghiamo in modo inconscio, quelle che sono state le divinità dei nostri genitori nuragici, popolo che probabilmente conservava vividamente il ricordo di una civiltà che ci ha preceduti.

01 settembre 2016

Andrea Governi
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