Le launeddas, regine della Sagra

Si è scritto tanto a riguardo, ma la notizia più certa sulle Launeddas è legata al ritrovamento, nelle campagne di Ittiri, di un bronzetto nuragico risalente all’VIII-IX secolo a.C., attualmente conservato nel Museo Archeologico di Cagliari. Il bronzetto è rappresentato da una figura ermafrodita, seduta, che suona uno strumento analogo alle nostre Launeddas, testimonianza del fatto che già in quel periodo esisteva un apparecchio fonico appartenente a questa categoria di strumenti musicali. Le launeddas, definite "triplice clarinetto popolare", costituivano un mezzo fondamentale per accompagnare le giornate di coloro che conducevano una vita agropastorale.

La struttura è basata su tre calami o tubi di canna: il principale è chiamato "Tumbu" e dà la nota fondamentale allo strumento. A esso è legata, con dello spago impeciato, "sa Mancosa Manna" la quale funge da accompagnamento e ha quattro fori digitali, "is crais" e un quinto foro "arrefinu", che si fonde in armonia con la tonica de "su Tumbu". L’unione dei due calami crea "sa loba" e insieme sono sostenuti dalla mano sinistra. Il terzo calamo è detto "sa Mancosedda", la canna più piccola. Anch’essa ha quattro fori digitabili e un quinto molto importante con funzione di registro, anch’esso intonato alla tonica de "su Tumbu". "Sa Mancosedda" funge da solista e si usa con la mano destra.

I calami sono uniti da legature di rinforzo. All’apice si innestano altri cannelli sui quali, precedentemente, dopo aver praticato un’incisione, viene escissa, su tre lati, una porzione del cannello. In seguito ad adeguate lavorazioni, si ricava l’"ancia semplice battente", dalla quale scaturisce il suono. A ciascun calamo, quindi viene applicato un cannello-ancia. Ogni ancia è rapportata allo strumento che si deve costruire e alla tonalità che si vuole ottenere, in  un perfetto rapporto di diametri e lunghezze. Le ance vengono appesantite con piccole e calibrate porzioni di cera d’api, che ha la funzione di regolare le vibrazioni e garantire una perfetta accordatura dell’intero strumento. Si utilizzano diversi tipologie di canne: per "su tumbu" si utilizza un "Arundo donax" e per "sa mancosa" e sa "mancosedda" un "Arundo pliniana". Per i "cannelli-ancia" vengono selezionate ugualmente delle canne di "Arundo donax" di piccolo diametro.

Le canne vengono svuotate e forate con apposite punte per poter offrire continuità alla cavità. Le punte sono modellate dal costruttore a proprio piacimento. Le launeddas vengono suonate con una tecnica di insufflazione particolare  detta "respirazione circolare" o "fiato continuo"; con questa tecnica si ha sempre un suono continuo, senza pause durante l’esecuzione musicale.

Gli utensili impiegati nella costruzione delle launeddas sono: punte di diverso diametro e i trincetti e lame di diversa forma. I materiali sono rappresentati da canne di diverso diametro, cera d’api,  e spago impeciato, che permette la resistenza all’umidità. Esistono varie famiglie di Launeddas o più propriamente dette "Sonus de Canna", tra queste le principali e più utilizzate sono la Mediana, su Fiorassiu, su Punt’é Organu, su Spinellu, moltiplicabili per le varie tonalità realizzabili. La disposizione delle note nelle due canne melodiche formano  accordi differenti per ogni tipo di strumento.


Le Launeddas rappresentano lo strumento principe della musica sarda e vengono impiegate durante le processioni, come accompagnamento dei canti sacri e profani e dei balli tradizionali con suonate di puro virtuosismo. Un tempo, ogni domenica ci si riuniva e ci si divertiva ballando, guidati dal suono di tale strumento. Oggi se ne fa un utilizzo di nicchia, nonostante ci sia nuovamente un forte recupero. Prevale, infatti, l’impiego nelle processioni. A ogni strumento sono legate delle suonate particolari e ogni famiglia di Launeddas si distingue in base a questo principio.

25 aprile 2015

Sara Atzori
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