Arriva la muscamacedda!

“Il Signore delle mosche” secondo la mitologia sarda

Grande come una rondine, una pecora o persino un bue, ma con due ali, innumerevoli occhi e la possibilità di muoversi in sciami – o greggi - si potrebbe dire: la paura a volte ha dimensioni spropositate, specie se legata al disfacimento della propria terra, e alla distruzione in massa di vite umane.

Con la muscamacedda, essere demoniaco sterminatore di villaggi, si sono misurati storici delle leggende e della mitologie sarda, senza mai arrivare ad un’univoca origine etimologica e narrativa: che sia la “mosca matta” o la “mosca che fa macello”, l’analogia di questa insolita creatura leggendaria con Belzebù, BaalZebub, Signore delle mosche, sembra inequivocabile. Con denti lunghi e aguzzi, afferrava i malcapitati individuandoli con le lunghe antenne ovunque si nascondessero.


Il pungiglione, enorme e letale, era l’incubo di interi villaggi che la muscamacedda poteva sterminare completamente, non senza aver anticipato agli abitanti il suo arrivo con lo sbattere incessante delle ali in un ronzio inequivocabile. La parte del corpo umano a cui pareva mirare era la testa. La leggenda ha goduto nel tempo di un seguito così fervido che persino il ritrovamento in un complesso nuragico nei pressi di Arzachena di due scheletri in posizione fetale e con la testa tra le mani, ha suscitato il rimando alla musca come possibile causa mortale dei due proto-malcapitati.

Il mostro veniva rappresentato anche come guardiano di tesori preziosi nascosti accuratamente. É comune in questa versione della leggenda parlare di due casse: una contenente le ambite ricchezze, e l’altra uno sciame di muschemacedde. Chi avesse avventatamente aperto quella sbagliata per accaparrarsi il desiderato tesoro avrebbe potuto mettere a repentaglio non solo la sua vita e quella del villaggio, ma persino quella del mondo intero. Un vero e proprio vaso di pandora, quindi, dispensatore di mali inenarrabili rappresentati dalle doti venefiche di un insetto.


Sembra ormai chiaro che la malefica musca non fosse altro che l’equivalente mitologico della mosca africana tze-tze, o ancora più probabilmente della zanzara anofele, responsabile del morbo della malaria, una piaga che gli abitanti della Sardegna hanno conosciuto estesamente e il cui timore ha scavalcato i secoli fino a sublimare nel racconto leggendario e in una figura simbolica e iperbolizzata quel terrore atavico.


La maggiore diffusione della credenza nelle aree più paludose avvalora questa ipotesi. E nonostante quel vaso, o per meglio dire, quello scrigno sia ormai salubre, non esiste abitante sardo che non conservi memoria inconscia di quella antica paura quando la muscamacedda torna a popolare le fantasie del suo ascoltatore.

01 agosto 2015

Valentina Zuddas
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