Is Contus de foxili e il mistero de is Cogas

Le streghe di Villacidro protagoniste dei racconti dei nonni

Quante volte sarà capitato di ascoltare le storie narrate dai nonni dopo cena o prima di addormentarsi e lasciarsi cullare dalla loro voce che descriveva luoghi lontani e magici e personaggi fantastici. La curiosità dei più piccoli era tale da non sentire il desiderio imminente di andare a letto e la loro mente immaginava tutto ciò che le loro orecchie udivano in quel momento.


Anche nel paese di Villacidro, capoluogo di provincia del Medio Campidano, c’era la consuetudine di sedersi fuori in giardino in estate o davanti al camino d’inverno per scambiare fiabe e leggende popolari, mediante i cosiddetti Contus de foxili (racconti di focolare). Gli adulti avevano la capacità di esporre le favole del paese con cautela e senza creare timore; al contrario, destavano interesse tra i bambini che restavano seduti e facevano attenzione alle parole dei racconta storie.


Il territorio di Villacidro si presta bene come luogo di mistero e oscurità, in quanto presenta grandi distese di vegetazione data da zone boschive e di montagna. Querce, mirto, ginestre e cervi, cinghiali e falchi costituiscono il bene maggiormente presente su quest’ambiente che funge da perfetto angolo di paradiso. Il panorama mozzafiato permette di immaginare quei posti che emergono dai racconti degli adulti e di credere che essi nascondano "realtà utopistiche". Quest’immensa area offre la possibilità di creare dei miti e delle storie misteriose che sono diventate talmente di dominio pubblico da essere considerate vere.

Amuleto contro gli spiriti maligni detto sabegia o cocco o pinadeddu
Amuleto contro gli spiriti maligni detto sabegia o cocco o pinadeddu

La più conosciuta della zona era quella de Is Cogas, le streghe dalla lunga coda, nascosta sotto la gonna. Le nonne raccontavano ai nipotini che si trattava di donne conosciute che vivevano nel paese e che, la notte, si trasformavano in esseri particolari, che poi, successivamente, assumevano le sembianze di animali, quali mosche o serpenti o anche gatti e vagavano di paesino in paesino alla ricerca di prede alle quali incutere paura.


Erano esperte di malefici e, quando si verificavano eventi luttuosi nella zona, tutti pensavano che la colpa fosse di questi personaggi. Ma ce n’erano anche altre che fingevano di non rappresentare delle figure malvagie, bensì protettrici della popolazione, in quanto guaritrici che ricorrevano a is brebus (preghiere contro i mali) per aiutare chi stava male. In realtà, questo potere era fasullo, perché si trattava di un pretesto per incantare e persuadere le loro agognate vittime.


Secondo alcuni studiosi, il termine cogas ha il significato di cotto e, infatti, le streghe, si sa, preparano filtri magici con erbe e sostanze dal potere stregato e suggestivo. Inoltre, qualcuno fa riferimento anche al verbo latino cogo, che ha il significato di costringere e forzare; perciò il senso calza perfettamente con il nome di tali streghe crudeli, che attiravano a sé ogni individuo che trovassero, preferibilmente bambini, e che lo catturavano per compiere degli incantesimi nei suoi confronti.

Foto www.sardegnadigitallibrary.it
Foto www.sardegnadigitallibrary.it

La fantasia popolare riguardo a Is Cogas risale all’Antica Grecia, quando si parlava di lamie, cioè le divoratrici dei bambini. La coincidenza con Is Cogas villacidresi è data dal fatto che, appunto, esse perseguitavano i più piccoli per succhiare loro il sangue. Le lamie erano rappresentate come mostri dalla testa di donna e dal corpo di serpente. La tradizione sarda vuole che tali esseri malefici prediligessero proprio il paese di Villacidro come centro nel quale trovare le loro prede. Qui, nel II secolo d.C, viveva Sisinnio, il santo locale che riusciva a sconfiggere ogni Coga che vagava nel paese e che, quindi, costituiva il loro peggior nemico.


Is Cogas, però, non avevano vita facile, perché qualche cittadino conosceva dei rimedi per scacciarle. Il metodo migliore per sconfiggerle era porre alcuni oggetti al contrario: erano sufficienti un treppiede rovesciato o una scopa capovolta per far sì che la strega perdesse i propri poteri e mantenesse le sembianze che aveva assunto. Così, restava bloccata nella sua nuova veste animalesca.


Un bosco o una montagna possono nascondere mondi paralleli che aspettano di essere scoperti e visitati. E la leggenda può diventare parte del patrimonio di una comunità che ogni giorno vive a contatto con storie e miti che non sono affatto lontani, ma esattamente vicini e familiari.

 

01 agosto 2015

Sara Atzori
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