Il triste destino delle Panas

Le anime delle donne morte di parto non potevano riposare in pace

Una delle leggende sarde più affascinanti è quella che vede come protagoniste le panas, ovvero le anime delle donne morte di parto, obbligate per penitenza a vagare ogni notte alla ricerca di un pozzo, un ruscello o un lavatoio per lavare i propri panni e quelli dei loro sfortunati bambini. La loro triste penitenza era proprio questa: recarsi ogni notte presso un corso d’acqua, a sciacquare i panni, per sette anni consecutivi.


Le panas preferivano recarsi presso i fiumi e in silenzio o scandendo una triste litania operavano il loro tragico rituale.

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Disturbarle era un sacrilegio, giacché l’interruzione del loro lavoro avrebbe prolungato il supplizio di altri sette anni. Per questo le panas evitavano gli sguardi e più di ogni altra cosa evitavano di scambiare parola con le persone;insomma con chiunque nel cuore della notte avesse osato disturbarle.


Esse erano innocue se non infastidite, ma potevano diventare incredibilmente vendicative allorché venivano interrotte. La vendetta della pana a quel punto poteva essere tanto tremenda quanto il loro disgraziato destino.
Si narra di pastore che incontrando una pana nel cuore della notte, non avendola riconosciuta, l’ebbe redarguita e derisa. A quel punto la pana scagliò una maledizione contro l’uomo, augurando alla sua donna di fare la sua stessa fine. Qualche settimana dopo la moglie del pastore morì di parto.


Ma come detto sono esistite anche delle panas innocue. Si narra di una fanciulla la cui madre l’aveva mandata al fiume troppo presto a lavare i panni, così presto che il sole non era ancora sorto. Una pana quella notte si attardò al fiume. La fanciulla la vide ma non disse una parola, iniziò a lavare i suoi panni dall’altra parte del fiume in silenzio, con il capo chino. Anche la pana la vide e dal canto suo non aprì bocca. Poco dopo scomparve. La fanciulla tornò a casa spaventata ma serena. La pana non aveva scagliato su di lei nessuna maledizione.


Il terrore di incontrare le panas era uno dei motivi per cui le donne sarde si guardavano bene dall’andare a lavare i loro panni al fiume prima dell’alba. Solo col sorgere del sole potevano essere tranquille. Le panas, infatti, sparivano prima dell’alba.


In tanti sostengono di aver scorto almeno una di queste sfortunate figure lavare i panni sulla riva di un fiume, attratti e storditi dal loro malinconico canto. Alcuni, riconoscendole tiravano dritto onde evitare di incorrere nella loro terribile vendetta, altri si fermavano a osservarle correndo il rischio di incappare nel loro maleficio.

Foto di A. Chiaramida www.sardegnadigitallibrary.it/
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Il supplizio sconsolato delle Panas risultava essere, talvolta, la riproduzione del rimorso che gravava sull’intera comunità, indirettamente complice dell'omicidio di queste povere giovani donne che partorendo (come talora accadeva), fuori dal matrimonio disonoravano l’intera famiglia. L’acqua a quel punto diveniva un elemento chiaro di epurazione e l'evidente valenza simbolica del suo contatto era l’unico elemento capace di purificare l’intera stirpe.


Nitidi elementi leggendari s’intersecano con i brandelli di storia che formano e plasmano la variegata cultura leggendaria sarda, misteriosa e sfuggente, prodigiosamente custodita ancora nella memoria e negli antichi racconti.


Infine resta quel sapore autentico di convinzione e partecipazione nei tanti racconti che le vecchie sarde narrano sulle panas. Nei loro occhi si percepisce il rispetto e la paura, la curiosità e lo stupore nel ricordo di aver intravisto anche solo per un attimo una di esse, china, col viso sconsolato, intenta a lavare i panni al fiume.

01 agosto 2015

Mauro Cuccu
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