Il Castello di Medusa tra storia e leggenda

C’è la storia, poca in verità, e la leggenda, molta; e c’è anche un ponte tra storia e leggenda

A dispetto delle numerose leggende, sono pochissime le notizie di carattere storico che si hanno a riguardo del Castello di Medusa. In questo viaggio scopriremo tutti gli aspetti reali e fantastici di questo straordinario luogo solitario.
 

Partiamo dalla storia.
In mezzo alla gola delle montagne di Laconi e di Samugheo, a mezza strada tra Samugheo e Asuni, si scorge una roccia che cade a picco; un grosso monolite che si erge nella macchia e nel bosco. Vi è una stradina tra la boscaglia, crocevia di scoscesi sentieri ciechi che portainfine a un anfratto che si congiunge con la roccia gigante. Unico accesso per chiunque voglia sormontare il masso è un ponte.


Sorge in una vallata il Castello di Medusa, in una posizione insolita perché non ha nessuno scopo di controllo, in quanto è incredibilmente nascosto, ma solo di difesa.
Il piano del castello è ingombro di qualche albero e cespugli. Ruderi vari emergono, povero lascito di un edificio che un tempo doveva essere maestoso.


Ci sono aperture che scendono dentro il terreno e attraverso una ripida gola immettono in delle stanze sotterranee. Stabilire l’antichità di questo castello è impresa ardua. Si colloca ben prima del Medioevo, con queste grotteche fanno immaginare a delle carceri anguste. Da qui l’origine del suo spaventoso nome, riconducibile alla mitologia greca e il ritrovamento di più di una moneta romana,all’interno degliantri,che rimandano il primo nucleo della sua antica struttura proprio all’epoca romana.


Fin qui la storia del castello che mostra poco del suo antico splendore ma che nasconde ancora attraverso il suo perimetro, le sue pietre diroccate, la sua posizione angusta, molto di più di quello che all’occhio umano espone.
Il passaggio dalla storia alla leggenda non è drastico ma accompagnato da una vicenda strana e ambigua.

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Un tale, Francesco Perseu, nativo di Asuni, bandito detenuto in un carcere piemontese, raccontava di come tempo addietro, in seguito ad una sua latitanza s’imbatté nel castello e vide con i propri occhi, calandosi abilmente per un cunicolo, una stanza piena di gioielli e pietre preziose, oro e tanti oggetti di valore. A quel punto barattò quel tesoro con la sua libertà, intento a portare di persona nel posto chiunque potesse renderlo nuovamente libero. Convinti i funzionari del Governo e arrivato sul punto dove sorgeva il castello non trovò né corridoio segreto né ovviamente tesoro e tornò mestamente in carcere con un’aggiunta alla già cospicua pena di altri tre anni di detenzione.


L’intento del bandito era quello logicamente di evadere, una volta raggiunta la meta, fine conoscitore qual era di quelle rupi e di quei burroni, ma non riuscì a trovare mai il momento giusto per portare a compimento il suo piano.


Restòperò la storia di quel tesoro immaginario, esistito realmente o solo inventato. Ma è qui che si aggrappa con forza tutto il mito.
L’aneddoto appena citato rimane lì, come ponte d’unione tra storia e leggenda, lo stesso esiguo ponte che collega la grossa roccia dove sorge il castello al resto del mondo.


Ora ci addentriamo dentro la vera leggenda partendo dal nome. Un nome ancestrale, poetico, profondo,magico, carico di significati: lo spettacolare mostro della mitologia greca, Medusa appunto. Capire come il mito greco sia potuto giungere negli anfratti sperduti della Sardegna è operazione complessa. Un castello di cui non si sa molto, tanto da metterne in dubbio persino la sua reale esistenza, aveva bisogno di un nome magico.


E Medusa compare, con la sua testa ricolma di serpenti e il suo sguardo che pietrifica. Sempre sulla scia della leggenda, essa era in possesso di un grande tesoro, racchiuso all’interno di un forziere, immerso nel buio di una delle grotte e onde evitare che questo tesoro le venisse sottratto, ideò un secondo forziere uguale, al cui interno rinchiuse una mosca sterminatrice che avrebbe ucciso tutta l’umanità: sa musca macedda. Due forzieri identici. Uno accanto all’altro. Nessunosi spinse mai ad aprirne uno. Tutti erano assaliti dal dubbio e terrorizzati dal tragico errore che potevano compiere, se avessero aperto il forziere sbagliato.

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C’è la mitologia sarda che intesse ancora; la tradizione racconta che questo luogo fu dimora di spettri e demoni, che prediligevano le posizioni inconsuete, inaccessibili e solitarie e queste caratteristiche rendevano il Castello di Medusa luogo ideale per il loro proliferare. Altre leggende stabiliscono infine legami magici tra Medusa e le janas.


Medusa non fu il solo nome con il quale fu conosciuto il castello di Samugheo. Localmente era conosciuto anche come il castello di Orgia. A detta di Dolores Turchi, Medéusa in greco significa signora, protettrice. Associazione ideale con la Dea Madre sarda. Madre, Signora e ovviamente protettrice.


Qui il cerchio si chiude e si trova una naturale e giusta, diremmo, associazione con quel nome. Perché Medusa può essere anche una rappresentazione simbolica del culto femminino in diretta simbiosi con l’acqua, culto fondamentale in Sardegna, praticato dall’antichità. Ad alimentare questa teoria c’è il vicino Rio Arascixi che scorre lento ai piedi del masso, nonché una sorta di antichissima cisterna per il deposito dell’acqua, tra i ruderi del castello.


Storia e mito col trait d’union reale-fantastico della vicenda del bandito che voleva evadere e tutte le allusioni magiche e ritualistiche che la storia di questo luogo offre.
 

Il castello di Medusa è oggi un sito impervio e di difficile accesso ma proprio per questo incantevole, che è riuscito a mantenere vivo un fascino ancestrale che resiste al tempo.

01 agosto 2015

Mauro Cuccu
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