Cagliari e quartieri misteriosi

Il canonico Giovanni Spano ha magistralmente descritto l’aspetto della città come appariva nella seconda metà del 1800. Una città che dalla fondazione non ha cambiato il suo nome antico, non ha cambiato la sua collocazione, né i suoi abitanti.

In origine Cagliari era formata da diversi agglomerati o borghi. Abbiamo pochissime notizie di come apparisse in età fenicio punica; quanto rimasto giace sotto strade asfaltate, sotto palazzi , centri commerciali e sotto la lapide tombale dell’incuranza e della negligenza di chi avrebbe potuto portare alla luce un prezioso patrimonio storico, degno di studi e di esibizione.

 Per quanto il mancato riconoscimento e la svalutazione del patrimonio cittadino sia uno sfregio all’intelligenza, quanto non è stato ancora cancellato dal cemento e dalle scelte assolutamente opinabili delle varie amministrazioni comunali succedutesi nel tempo, rimarrà un bonus, un tesoretto che le generazioni future alle nostre potranno spendere in maniere più consona.

Leggendo la descrizione del Canonico Spano, il cagliaritano potrà osservare una città diversa, seppure identica nella struttura e nell’identità. Che fine hanno fatto l’Ospedaletto degli Incurabili, la fontana di santa Lucia, piazza San Carlo, la chiesa di Santa Margarita, il convento e la chiesa di San Francesco, la chiesa sotterranea di San Guglielmo, la chiesa di San Bernardo, la chiesa di San Nicolò, il Tribunale di Commercio e tante altre opere ed edifici che componevano la fisionomia della nostra città antenata?

Non solo le bombe della guerra, ma anche una sorta d’incantesimo ha fatto sì che la storia della nostra città sia un puzzle a cui mancano diversi tasselli.

La curiosità sulle antiche vestigia si incanalano su diverse strade.

Stampace, Castello, Villanova e Marina. Quando si parla di quartieri storici cagliaritani, ci si riferisce sempre ad essi. Quartieri che guardano ad un passato lontano che possiamo solo immaginare. Una Cagliari “Carel” di fenicia memoria o una Callèr spagnola, non possono tuttavia esaurire l’immensa storia che la nostra città porta nella sua bisaccia.

Sembra essere un’incognita l’origine del quartiere di San Benedetto. E’ evidente che il centro nevralgico del rione è l’omonimo mercato, primo per estensione a livello europeo, risalente agli anni cinquanta, reso necessario dopo la demolizione del mercato del Largo Carlo Felice.

Inizialmente, quando il quartiere cominciò ad assumere una vera identità dalla campagna, il mercato era nella Piazza Galilei. Il quartiere ha un certo fascino, non mancano certamente spazi verdi e viali alberati che fanno a pugni con le numerose macchine parcheggiate ovunque a causa della mancanza di parcheggi privati negli stabili abitativi.

Come si presentava il luogo prima di diventare un quartiere? Al tempo in cui il Canonico Spano descrisse la città, il quartiere era solo campagna. Non è neppure nominato come agglomerato di abitazioni. Venne posta in evidenza, invece, la chiesa e l’attiguo convento di San Benedetto.
Oltrepassata la Porta Romero, di cui non è rimasta traccia, ma identificabile presso la chiesa di san Giacomo, si trovava la strada Argiolas, che conduceva al noviziato dei frati Cappuccini. Fondata nel 1643 dalla famiglia Nater, la chiesa non ha significativamente mutato fisionomia. Oggi il culto è officiato dai padri gesuiti e il convento ospita l’Opera Buon Pastore.

Curioso è il fatto che nel chiostro della chiesa di San Benedetto non vi sia mai stato nulla di particolare o degno di nota.  Una Madonna in alabastro che si dice avrebbe parlato con Sant’Ignazio da Laconi e  una tela rappresentante un’orgia di Bacco con figure seminude. Certamente un dipinto che poco ha a che fare con l’austerità di un convento.

Sappiamo ben poco di cosa fosse il rione e da chi fosse abitato prima del novecento. Una grande fetta del quartiere era l’orto del conte Viale. Un illustre personaggio della vita cagliaritana  vissuto nell’ottocento. 

Poco conosciamo del conte. E’ tramandato ai posteri come un uomo pio che si occupò di cause nobili a favore dei poveri. Sappiamo che l’orto era disseminato di sarcofagi romani, tra i quali il più prezioso quello di Caio Giulio Castricio, cavaliere principe della città. Si dice che i reperti furono poi traslati a Genova per abbellire la villa del conte; tuttavia di essi non vi fu traccia quando, alla sua morte, la villa venne venduta.

Conosciamo inoltre, che la vedova Raggi Viale venne convenuta in giudizio per motivi attinenti all’eredità dalla Congregazione della Carità di Cagliari.

Ma a chi furono vendute le terre intorno al convento che erano state concesse a mezzadria e in enfiteusi?  Non si hanno notizie del quartiere se non a partire dagli anni trenta, quando vennero edificati i palazzi Incis. Il quartiere da campagna diventò periferia. Via San Benedetto si chiamava al tempo via Quartu, perché era una delle strade sterrate che conducevano al paese confinante con la Città.

A poco a poco spuntarono ville in stile liberty e palazzotti in stile neo romanico.

Di chi fu la villa di via Rossini rimasta disabitata per decenni? Le testimonianze degli abitanti più anziani del quartiere, descrivono una villa con giardino da cui provenivano urla, dove suonava la musica di un pianoforte e dove si accendevano le luci delle stanze. Tuttavia era disabitata.

Tutti sostenevano che fosse infestata dai fantasmi. Fino alla sua demolizione negli anni ottanta, fu meta di incursioni da parte di ragazzi coraggiosi con la passione per il brivido. C’è chi racconta di fatti strani accaduti proprio in occasione delle scorribande.

C’è chi racconta che fosse il punto focale dei riti satanici in città in un periodo molto indietro nel tempo. Si dice che i proprietari furono uccisi all’inizio del secolo scorso in una rapina e che i corpi vennero poi chiusi e dimenticati nella cantina.

Altri sostengono che la rapina sia un escamotage per coprire il vero motivo dell’omicidio. La villa sarebbe stata luogo d’incontro tra personaggi illustri cagliaritani, dediti a orge e riti satanici. I figli dei contadini degli orti attigui furono coinvolti, forse violentati e addirittura uccisi.

I contadini allora misero fine allo scempio uccidendo i proprietari della villa. Sarebbero stati complici dei culti al maligno anche esponenti del clero.

Si dice che le ville (alcune esistono ancora) fossero collegate da dei sottopassaggi che conducevano alla via Rossini. Forse dei tunnel del periodo romano.

Alcuni abitanti del quartiere lamentano ancora oggi la presenza di fantasmi nelle loro case. Anime penitenti intrappolate in una dimensione da cui non riescono ad andare via.

Forse si tratta solo di storie di fantasia, leggende di quartiere. Certo è che degli anni a seguire la morte del Conte Viale, avvenuta nel 1877, fino agli anni trenta del novecento, abbiamo notizie scarse. In più non abbiamo alcuna notizia certa su chi fossero gli abitanti del luogo, su di una chiesa campestre ivi esistente e sui proprietari della villa di via Rossini. Al suo posto oggi un palazzo.

Chissà se chi abita quegli appartamenti ha qualcosa da raccontare!

01 dicembre 2016

Andrea Governi
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