Sant’Efisio, una sfilata di bellezza

L’autenticità e l’amore per i dettagli degli artigiani della moda nei costumi della Sardegna

I gruppi folkloristici provenienti da tutta l’isola in occasione della festa di Sant’Efisio si preparano a questa grande kermesse con l’esaltazione di chi si accinge a partecipare alla più bella cerimonia, alla più sentita liturgia religiosa che da quasi 400 anni si svolge il Primo di maggio a Cagliari. Accompagnati dal suono delle launeddas e dai canti tipici, circa 5500 persone in costume tradizionale sfilano su un tappeto di petali di fiori per le vie del centro città. Certo è un’insolita passerella per una sfilata di alta moda, ma a Sant’Efisio, il pubblico non assiste solo alla processione del Santo Martire protettore di Cagliari e dei sardi. Infatti, non ci si stanca di ammirare ed apprezzare i sontuosi abiti indossati da uomini, donne e bambini, carichi di monili, nastri e fiocchi su stoffe dai colori sgargianti, ornati da pizzi e ricami “haut de gamme”, ossia di altissima qualità, come direbbero senza dubbio a Parigi.

Come vuole la tradizione, il cocchio del Santo viene accompagnato, oltre che dai notabili, dalla milizia a cavallo e dal saluto delle navi all’attracco nel porto della città, da una sfilata di gruppi folk in abito tradizionale sardo, visibile in tutte le più varie declinazioni a seconda della diversa comunità di provenienza. Tanti sono i paesi della Sardegna, altrettante sono le varietà degli abiti. Tuttavia, per quanto non esista un modello unico, rappresentativo dell’intera regione, si possono evidenziare alcuni elementi base che lo compongono e lo rendono inconfondibile. 
 

Per le donne, il capo deve essere rigorosamente coperto o con un semplice fazzoletto, uno scialle, un velo, oppure da strutture più complesse, con l’aggiunta di bende, cuffie, manti o addirittura un “grembiule” da testa. Le varianti dei colori, dei tessuti, le tecniche di annodatura, i ricami e l’utilizzo di spille d’oro o d’argento sono innumerevoli e caratteristiche del luogo di provenienza. Per il busto, è immancabile la camicia bianca di lino o cotone, arricchita da pizzi applicati e ricamata solitamente nelle parti visibili: il colletto, il petto, i polsini. Sopra la camicia si indossa un corpetto ed un giacchino. Anche in questo caso, analizzando caso per caso, è spesso riconoscibile la mano dell’artigiano locale che ha reso il capo unico e irripetibile. Ma in tutti notiamo sicuramente l’utilizzo di stoffe pregiate, di ricami ora a motivi floreali ora a motivi stilizzati di animali fantastici impreziositi da perline o paillettes. Infine, per completare la descrizione degli abiti femminili, la gonna ed il grembiule concludono la figura elegante e sfarzosa della mise della festa.
 

La gonna è sempre lunga, interamente plissettata, ad eccezione del pannello frontale coperto dal grembiule, spesso ornata sul bordo inferiore da nastri colorati e dorati a fantasie floreali. In qualche caso, si utilizzano delle fasce in tessuto prezioso avvolte intorno alla vita per coprire il bordo della gonna e i lacci del grembiule.

Anche nell’abito maschile non manca il copricapo; il più comune è la berretta, nera o rossa, in panno o in orbace, lunga circa 60 centimetri, che si indossa facendola ricadere dietro il capo, su una spalla oppure ripiegata su sé stessa. La camicia è bianca e ampia, con possibili ricami su colletto, petto e polsini. Può essere chiusa al collo con bottoni o spille in oro o argento. Il corpetto, come quello femminile, è di stoffa pregiata. Con o senza maniche, è chiuso sul davanti a doppio o a mono petto. Può essere di diversi colori, anche se prevale il nero; spesso è ricamato o ha delle rifiniture policrome sulla parte anteriore. Anche i calzoni sono sempre bianchi e ampi, lunghi a metà polpaccio e infilati nelle ghette, che coprono la gamba e nascondono parte delle scarpe. Un indumento molto caratteristico dell’abito maschile sardo è il gonnellino, un semplice rettangolo di stoffa, arricciato in vita. Una sottile striscia di tessuto unisce la parte anteriore a quella posteriore, passando sotto il cavallo dei calzoni. L’uomo, sopra l’abito, indossa diverse giacche o cappotti, secondo il ceto e il mestiere.


I bambini e le bambine sono vestiti come gli adulti, non esiste una ”moda” adatta a loro, come d’altronde era normale ai tempi della tradizione, ma certo vedere un piccolo in abiti così sgargianti, pieno di pizzi e gioielli che somiglia al suo papà o alla sua mamma, ma in versione minuscola, è motivo di ulteriore incanto. 
Difficile descrivere a parole la bellezza di questi abiti e quanto essi rendano ancora più belli gli uomini e le donne che li indossano con eleganza e fierezza. Difficile distogliere lo sguardo da queste creazioni artigianali: ogni dettaglio è una piccola opera d’arte realizzata con accuratezza e puntiglio. Difficile, infine, non portare via con sé, negli occhi, nella memoria e nel cuore un po’ della cultura, della tradizione e dell’anima della Sardegna allorché la più grande processione dell’isola sparisce all’orizzonte e verso il tramonto sul mare di Nora.  La devozione, la fede, la speranza di tanti sardi è allora quasi tangibile nella sua sostanza più profonda, così come l’amore che essi nutrono per la propria terra.

25 aprile 2015

Julia Baloban
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